Raqs Sharqi (raqs=danza; sharqi=orientale) è il nome attribuito alla danza tipica dell’Egitto, e si riferisce nello specifico alla danza che viene accompagnata dalla musica classica. La musica classica araba infatti viene definita “Sharqi”.
L’uso del termine Raqs Sharqi per indicare questa forma di danza, ha un’origine più recente. Ai tempi del colonialismo Britannico la musica e la danza occidentale hanno pervaso le arti dello spettacolo in Egitto. In reazione a questa influenza occidentale, emerse un forte orgoglio nazionale nella musica e nello spettacolo per ciò che era autenticamente Egiziano- Arabo. Tradizionalmente, la danza era presente a tutti i livelli nella società egiziana, dalla corte reale ai contadini. I danzatori stessi si dividevano in categorie che rispecchiavano i livelli della società, dalle acculturate Awalim (donne colte) che fornivano intrattenimenti privati in case privilegiate, giù sino all’umile Ghaziya, che danzava pubblicamente per la strada.Con la volontà di analizzare le evoluzioni dei costumi di questa danza e le sue svariate sfaccettature, inizieremo il nostro percorso proprio dall’Egitto, dove tutto ebbe inizio.
“La moda Egizia femminile era leggermente più sofisticata e ricercata rispetto a quella maschile, che prevedeva semplici drappi volti a coprire la parte inferiore del corpo, ciò in virtù anche dell’elevato rispetto ed onorabilità di cui godevano le donne Egizie. Le donne indossavano un perizoma uguale a quello maschile, ma sopra ad esso portavano delle tuniche trasparenti chiamate Kalasiris. I Kalasiris arrivavano fin sotto al seno ed erano sorretti da due ampie spalline incrociate sul retro che coprivano il seno in modo parziale.
Il lino era la stoffa più utilizzata per realizzare abiti, bende per avvolgere le mummie, cinture, tappeti, tuniche o coperte. Più precisamente venivano usati gli steli di lino più giovani e morbidi per creare indumenti intimi o confezionare vesti femminili, mentre gli steli più maturi per produrre vesti di uso domestico e biancheria per la casa; in ultimo le fibre degli steli più duri erano usate per realizzare corde e stuoie. Il lino a seconda del trattamento cui era sottoposto assumeva colorazioni che andavano dal grezzo al bianco splendente, la colorazione più apprezzata ed utilizzata.
Le stoffe utilizzate erano sottilissime, molto leggere e potevano essere di diversi colori ognuno dei quali assumeva un particolare significato: il bianco e l’azzurro erano considerate cromie felici, simboleggiavano Ammon il Dio dell’aria, il verde significava giovinezza, mentre il giallo oro la carne degli Dei.”
Le pitture murarie raffigurano senza contaminazioni il vero abbigliamento degli Egizi, curato ma essenziale, arricchito da monili, copricapi e trucco sofisticato adottato sia dalle donne che dagli uomini.
Un copricapo tipico del popolo egizio era il Nemeth. I loro gioielli, che adornavano le braccia, il collo e le caviglie, venivano realizzati principalmente in oro ma anche in vetro e maiolica, in uso anche le cinture costituite da perle multicolore.Nell’antico Egitto gli abiti erano considerati comunque un ornamento, venivano usati sia in casa che fuori ma spesso, erano tolti tra le mura domestiche, con grande disinvoltura ciò per favorire impegni domestici o movimenti che richiedevano libertà del corpo, da ciò ne derivò una gran cura del corpo, che secondo gli egizi doveva essere sempre liscio e levigato scrupolosamente depilato e pulito”.
( da Notizie in vetrina – Magazine M.M.)
Kate D’ Angelo
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