Dalla cerimonia marocchina del tè alla Raqs al senneya

Bere il tè in Marocco è un vero e proprio modo per riunirsi e chiacchierare in famiglia o con gli amici. Proprio come quando in una casa napoletana, ad un ospite,  il padrone non può non offrire una buona tazza (o tazzulella) di caffè, così i marocchini a qualsiasi ora del giorno offrono ai loro ospiti dell’ottimo tè, preferibilmente tè verde e rigorosamente dolcissimo, e guai a rifiutarsi! (L’usanza vuole che l’ospite ne beva almeno tre bicchieri)

Non si hanno notizie certe sulle origini di questa tradizione ma è possibile trovare diverse descrizioni sul rito di preparazione del tè, una cerimonia elaborata ed elegante, ricca nei dettagli e negli ingredienti; tuttavia nella vita di tutti i giorni i marocchini si affidano a preparazioni più semplici ed utensili meno pregiati, ma nella sostanza nulla cambia perché tutto ciò che serve si riduce a delle foglie di tè, una teiera, tanto zucchero e soprattutto un grande vassoio (senneya) che oltre a reggere tutto il suo contenuto ha il compito fondamentale di riunire attorno a sé le persone, che è il senso più profondo di questa celebrazione.

L’autentica cerimonia del tè, riservata alle occasioni speciali o formali, è solitamente praticata dal padrone di casa davanti agli ospiti e con il tipico servizio da tè marocchino, composto da pezzi di artigianato locale finemente lavorati come il già citato vassoio (senneya), generalmente di forma circolare e dal diametro che può raggiungere il metro; una teiera in metallo inciso (berrad) che con il suo lungo becco ricurvo e coperchio a forma conica non è dissimile dalla classica lampada di aladino; infine un set di bicchieri alti e stretti in vetro colorato e con decori in oro.

Gli ingredienti originali sono: (atay) foglie di tè verde cinese di qualità gunpowder, che tradotto significa “polvere da sparo”, poiché le sue foglie sono arrotolate in piccole palline che durante l’infusione esplodono rivelando la foglia; (na’na) foglie di menta verde fresca; infine non deve assolutamente mancare lo zucchero, perché il tè marocchino è smodatamente dolce. Quindi osserviamo il rito: innanzitutto il padrone di casa inserisce il tè verde nella teiera ed aggiunge un bicchiere di acqua bollente, attende una manciata di secondi, quindi versa il contenuto in un bicchierino e lo mette da parte per usarlo in seguito: il liquido ambrato ottenuto è chiamato spirito oppure essenza o anima del tè (errouh), perché ne contiene l’infuso più concentrato. Successivamente riempie la teiera con altra acqua bollente e la mescola agitando il recipiente, quindi mette via l’acqua che ha assunto un colore scuro. Questa operazione è detta “risciacquo” del tè ed è eseguita almeno due volte finché il tè non assume una tonalità ambrata come l’originale spirito. Una volta raggiunto il colore desiderato, la teiera è riempita fino ai tre quarti con acqua bollente e lo spirito che era stato messo da parte è riversato al suo interno. Dopo di ciò colui che prepara il tè sminuzza le foglie di menta fresca e le inserisce in un filtro poi calato nella teiera, quindi aggiunge lo zucchero e lascia in infusione. Terminato il tempo di infusione, versa il tè in due bicchierini, per poi rimetterne il contenuto nella teiera; questa operazione mescola il tè e gli dona un sapore più uniforme e dolce. Finalmente il tè è pronto per essere versato e bevuto dagli ospiti! A questo punto il padrone di casa dà prova della sua abilità e precisione sollevando la teiera per versare da grandi altezze (dal mezzo metro in su) il liquido all’interno degli stretti bicchierini. Questo passaggio tanto affascinante serve ad aerare il tè in modo che si crei una piacevole schiuma sulla superficie del bicchiere.Il tè può essere servito con pasticcini, dolci o frutta secca; in coerenza con lo spirito di unione e condivisione di questo rito, spesso sono proprio gli ospiti in accordo con il padrone di casa a provvedere alla preparazione di queste pietanze. In una paese in cui il culto del tè è così importante e radicato è facile che contamini anche altri campi, come quello della danza. In mancanza di fonti precise, si lascia ai racconti e alle leggende il compito di ricucire le origini del binomio marocchino tè-danza.

Si narra che durante l’infusione, colui che preparava il tè era solito intrattenere i suoi ospiti raccontando una storia oppure intonando un canto, perché non farlo anche improvvisando dei passi di danza… con il vassoio da tè in testa? Il periodo di infusione del tè varia tra i tre e i cinque minuti, il giusto tempo per eseguire una breve coreografia! Nasce così la raqs al senneya, letteralmente “danza con il vassoio”.

Nella raqs al senneya tradizionale sul vassoio c’è una teiera piena di tè caldo e bicchieri vuoti. Una volta terminata la danza, il tè è immediatamente versato e servito. Questo tipo di intrattenimento è diventato molto popolare nelle sale da tè o nei locali marocchini, dove in genere è interpretato da uomini. La raqs al senneya è anche una specialità delle ballerine marocchine Shikat che si muovono al ritmo energico dell’omonima musica, esibendosi principalmente per feste di sole donne. Si tratta di una danza che mette alla prova equilibrio, forza, flessibilità: i ballerini si muovono nello spazio, girano su stessi oppure si abbassano fino a stendersi al suolo per eseguire contorsioni.

La danza con il vassoio ha riscosso grande popolarità dentro e fuori il Marocco, subendo contaminazioni da altri stili di danza orientale, o variazioni dovute ad esigenze da palcoscenico, che riguardano la composizione dello strumento, la musica e i costumi; l’unica costante rimane il vassoio in equilibrio sulla testa, sul quale al posto del servizio da tè è molto comune trovare candele (semplicemente appoggiate o inserite in bicchierini) o persino fiori.

Sitografia:

http://moroccanfood.about.com                                                                                                                     Marta Marotta

 http://middleeasterndance.homestead.com

  

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