L’Antico Egitto è una parte di storia che affascina gli uomini da sempre.

Quello che è arrivato a noi della civiltà egiziana è un insieme di mummie, sarcofaghi, geroglifici e obelischi che, per la maggior parte delle volte, adornano le nostre città mentre noi li osserviamo inconsapevoli dei millenni di storia che avrebbero da raccontarci.

E’ un mondo di cui abbiamo scoperto tanto ma che, sotto molti altri aspetti, resta ancora avvolto nel mistero. Quello che sappiamo, e che voglio raccontare mese per mese, è un mondo fatto di Dei, riti, sovrani immortali, danze e colori, miti che sono arrivati fino a noi con tutto il loro fascino inalterato. I secoli si sono susseguiti, ma noi continuiamo immancabilmente a stupirci davanti ai resti di questa civiltà probabilmente ineguagliata per conoscenze e complessità.

L’Uomo è ciò in cui crede. Questo concetto è valido per chiunque in qualsiasi periodo storico, e quindi perché non anche per gli Egiziani? Attraverso la fede di uomini vissuti millenni fa, faremo un viaggio interessantissimo tra le usanze e i costumi di questo popolo straordinario.

La religione egiziana era una religione politeista. Gli Dei, così come per altre civiltà a noi più note, avevano sì dei tratti e delle capacità sovraumani, ma erano mossi da desideri molto umani. E’ per questo che spesso si incontrano lotte di potere tra le divinità, tranelli, tradimenti, vendette, tentativi di uccisione più o meno riusciti. E in base alle diverse influenze subite dal popolo egiziano ad opera di popoli confinanti o che lo conquistarono, le varie divinità incontrarono periodi favorevoli o bui, nessuno escluso. La divinità principale della religione egiziana è il dio Ra, il dio del sole. Poiché gli egiziani vedevano nella luce e nel calore l’origine di ogni forza positiva e creatrice del mondo, si capisce perché Ra fosse considerato il capo degli dei. Dal suo volere dipendeva il benessere del popolo egiziano intero, ed era opportuno rendergli omaggio con devozione e abbondanza. Centro principale del suo culto era la città di Eliopoli, dove dei buoi venivano sacrificati in onore del dio e poi, per l’onore che avevano avuto, venivano seppelliti in un cimitero apposito. Ma da cosa derivava tanto potere? Abbiamo già detto che gli egiziani credevano che Ra fosse il dio creatore, e il dio esercitava questo suo potere con la parola: conoscere il nome delle cose, delle persone, degli dei stessi, gli dava il potere di fare di loro ciò che egli voleva.

Ra è raffigurato in modi diversi, ciascuno rappresentante un diverso aspetto del sole. La raffigurazione più comune è quella del dio con la testa di falco, col capo sovrastato da un disco (che appunto rappresenta il sole o, in alternativa, l’occhio stesso del dio) attorno a cui è avvolto un serpente. In questa forma, si credeva che fosse il signore della terra, del cielo e dell’oltretomba. Egli nasceva ogni giorno ad est, come il sole. Si muoveva a bordo di due barche, la Mandjet (la “barca di milioni di anni” o la “barca del giorno”), su cui percorreva tutta la volta celeste verso ovest e, passando sulla terra, spariva sull’orizzonte ad ovest, dove lo attendeva la Mesektet, o barca della notte. A bordo di questa seconda barca, spesso in forma di ariete, Ra attraversava l’orizzonte e spariva nell’Oltretomba, dove lo attendeva Apopi, il dio del Caos raffigurato come un serpente. Ogni notte Apopi cercava di fermare il suo viaggio ingoiando Ra con tutta la sua barca o di ipnotizzarlo col suo sguardo, senza però mai riuscirci. Durante il suo percorso nell’Oltretomba, Ra si univa a Osiride e questo gli dava anche potere sui morti.

Un’altra raffigurazione diffusa di Ra è quella del dio con la testa di scarabeo, quando il dio era invocato col nome di Khepri, dio della rinascita e dell’alba. Questo era infatti l’aspetto del dio Ra al mattino. Opposta a questa raffigurazione vi è quella del dio Khnum,con la testa da ariete, ovvero la sua forma durante il suo viaggio notturno nell’oltretomba. In questa forma, Ra era detto anche l'”Ariete dell’Occidente” o “l’Ariete in cerca del Suo harem”. In alcuni documenti, Ra è addirittura descritto come un faraone dalla carne d’oro, le ossa d’argento e i capelli di lapislazzuli.

Secondo il mito egizio, il dominio di Ra declinò quando la dea Iside, dopo averlo fatto mordere da un serpente velenoso, gli estorse il suo vero nome mentre egli era in preda al dolore provocato dal veleno. Essendo a conoscenza del vero nome del dio, Iside poteva ora assumere su di sé tutti i suoi poteri. Da un punto di vista storico, il culto di Ra si mantenne forte attraverso tutti i regni dell’Antico Egitto, fondendosi di volta in volta con altre divinità simili che venivano venerate in varie zone dell’Egitto o confinanti con esso. E’ così che nascono nuove forme del dio, come ad esempio la famosa Amon-Ra, forma in cui Ra è fuso col dio Amon, divinità molto simile ad esso che era venerata nell’Alto Egitto.

Riti dedicati al dio Ra: dalla quarta dinastia in poi, tra il dio Ra e i faraoni si instaurò una profonda relazione; infatti il faraone aveva l’appellativo di “figlio di Ra”, era considerato l’intermediario tra il suo popolo e il dio ed era l’unico a poterlo vedere. Compito del faraone era di offrire ogni giorno Maat, l’incarnazione dell’ordine e l’armonia universale generati da Ra, al dio stesso al termine del suo viaggio nell’oltretomba, in un rituale che rappresentava la ciclicità dell’universo e della vita secondo gli antichi Egizi. Spesso questo rituale era compiuto da un sacerdote che faceva le veci del faraone stesso, e in seguito la statua del dio veniva portata fuori dal tempio, purificata, vestita ed unta, e poi riportata all’interno del tempio. Una volta all’anno, all’inizio dell’estate, la statua usciva dal tempio di Karnak per la Bella Festa della Valle: la rappresentazione del dio veniva posta in una teca dorata e trasportata lungo la riva occidentale del Nilo. In questa occasione, anche il popolo aveva la possibilità di ammirare la statua del dio il quale, viaggiando lungo il fiume, faceva visita anche alle tombe dei vecchi faraoni deceduti e ai santuari di altre divinità.

Roberta Capasso

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